Encelado: la luna di Saturno conferma che c’è acqua nell’universo

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Ha fatto il giro del mondo l’ultima scoperta che dobbiamo alla fortunata missione Cassini, coordinata da Nasa, Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Agenzia Spaziale Italiana (Asi). La sonda interplanetaria lanciata nel lontano 1997 ha raccolto i dati che dimostrano la presenza di un vero e proprio oceano in uno dei 62 satelliti di Saturno attualmente conosciuti. Si chiama Encelado, ha un diametro di circa 500 kilometri (due volte e mezzo meno della lunghezza dell’Italia) e contiene acqua, allo stato liquido. Bisogna essere prudenti, ma potenzialmente Encelado potrebbe ospitare condizioni favorevoli allo sviluppo di forme di vita primordiali. E non si tratta di un caso isolato.

Tracce della presenza di acqua sono state trovate anche in altri corpi celesti del sistema solare. La Terra non è solo, insomma. E l’acqua, in realtà, è meno rara e più “vicina” di quanto avremmo immaginato solo pochi anni fa. La ricerca di eventuali forme di vita extraterrestre nei luoghi dove l’acqua liquida può esistere oggi o può essere esistita in passato è già cominciata. Dentro e fuori del sistema solare. La cosiddetta ‘astrobiologia’ è tutt’altro che fantascienza, ma vediamo perché.   L’annuncio sull’oceano della piccola luna di Saturno viene dall’autorevole rivista americana Science e il merito è in gran parte italiano. Ad aver coordinato le ricerche è infatti un gruppo di studiosi dell’università la Sapienza di Roma, guidato da Luciano Iess con la collaborazione di Marzia Parisi, Marco Ducci, e Paolo Tortora dell’Università di Bologna. Osservare la struttura interna di Encelado è diventato uno degli obiettivi scientifici più importanti della missione Cassini dopo la scoperta di getti d’acqua ricca di sali, che fuoriescono da lunghe fratture – dette “tiger stripes” (graffi di tigre) – presenti sulla superfice del satellite: enormi geyser generati dalle maree dovute all’attrazione gravitazionale di Saturno. Un fenomeno strano, se si pensa che alla temperatura superficiale media di -130°C l’acqua dovrebbe essere ghiaccio. L’unica spiegazione possibile, dunque, è che quell’acqua si trovi molto al sotto della superficie.

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Lo studio pubblicato su Science ha fornito i dettagli di quello che è risultato un vero e proprio oceano regionale a 30-40 km di profondità, sotto la calotta polare meridionale del satellite. Perché un’oceano? Perché di acqua ce ne sarebbe davvero molta: pari a quella contenuta dal secondo lago più grande della Terra, il lago Superiore (America del nord) grande all’incirca come il nord Italia. Tanta, che la scoperta si deve alle anomalie riscontrate nella forze gravitazionale esercitate da Encelado sulla sonda Cassini. Effetti mareali, decadimento di materiale radioattivo e attività magmatica del nucleo interno sarebbero in grado di produrre il calore sufficiente per raggiungere temperature prossime allo zero. L’acqua si materrebbe così allo stato liquido, protetta dal freddo dello spazio esterno da uno spesso strato di ghiaccio.   Fino a qui, una scoperta senza dubbio importante, ma non diversa da altre.

La vera novità è che le acque dell’oceano sotterraneo poggerebbero non soltanto su ghiaccio, come si è riscontrato in altri casi, ma su una base rocciosa. Rocce che sembrano contenere silicati, ai quali si dovrebbe la presenza di sali riscontrata nei geyser delle tiger stripes. E i ricercatori ritengono che «la presenza di acqua e silicati a diretto contatto, fa di questa grande riserva d’acqua la sede ideale di reazioni chimiche ricche e complesse che, insieme a una fonte di energia, potrebbero creare le condizioni per lo sviluppo di forme elementari di vita». No, non ci sono extraterrestri, almeno fino ad ora. Ma il punto è proprio questo: a scanso di ogni sensazionalismo, è la prima volta che si riscontra la compresenza di fattori favorevoli allo sviluppo della vita come è avvenuto sulla Terra.

Fino a una quindicina di anni fa eravamo convinti che gli oceani e i mari della Terra rappresentassero le uniche riserve di acqua presenti nel Sistema Solare. Ma quando, nel 1998, la sonda Galileo fece il suo ingresso nell’orbita di Giove, questa visione cambiò radicalmente. Diversi satelliti del pianeta gigante, come Europa, Callisto e Ganimede, incominciarono ad essere sospettati di contenere acqua liquida in grandi quantità. Si osservavano getti simili a quelli avvistati da Cassini e, nel caso di Europa, il telescopio Hubble ha avvistato vere e proprie effusioni di vapore acqueo, che suggeriscono la bresenza di bacini di acqua liquida al suo interno. Encelado, del resto, non è l’unica “luna” di Saturno interessante: anche Titano – uno dei corpi celesti conosciuti ritenuti più simili alla Terra – avrebbe un suo piccolo oceano. La scoperta, stavolta, è legata alle deformazioni mareali subite dal corpo celeste, lungo la sua orbita intorno a Saturno; dovute all’attrazione gravitazionale e spiegabili soltanto se Titano non sia composto interamente da materiali solidi. Ma fenomeni analoghi riguardono non soltanto le “lune”, perfino gli asteroidi. Su Cerere – il più grande asteroide del Sistema Solare – ad esemio, è stata avvistata le presenza di vapore acqueo.

Non solo Marte, che si pensa sia stato ricoperto per circa un terzo da antichi oceani, e la Luna, dove l’acqua esisterebbe anche se a malapena osservabile. Anche corpi celesti molto più lontani e ritenuti, fino a poco tempo fa, molto più inospitali per la vita, contengono acqua in grandi quantità. E la scoperta di silicati su Encelado permette di allargarle l’orizzonte degli studi in materia. «Il valore aggiunto della ricerca – affermano gli scienziati – sta nell’aver dimostrato che in luoghi del tutto inattesi del sistema solare possano esistere ambienti potenzialmente ospitali alla vita». Questa idea ci fa intravedere orizzonti be più lontani.   Conosciamo già centiaia di pianeti extrasolari, ovvero nati intorno a stesse diverse dal Sole. Alcuni di questi, come Gliese581-e (distante da noi 20,5 anni luce), Kepler62-7 e certi pianeti orbitanti intorno alla stella Tau Ceti (distante 12 anni luce) sono molto simili alla Terra, per le dimensioni e per la distanza dalla stella intorno alla quale orbitano.

Si troverebbero, infatti, all’interno di una zona cosiddetta “abitabile”, dove il calore trasmesso dalla stella garantisce temperature medie in grado di far sciogliere la superficie giacchiata dei pianeti. E, si sa, l’acqua liquida e un clima più caldo sono gli ingredienti primari per lo sviluppo della vita. Almeno per come la conosciamo noi.   Che sia in grande o in piccola quantità, allo stato solito o liquido, l’acqua sembra onnipresente nel sistema solare. La ragione è che, dopo idrogeno ed elio, carbonio e ossigeno sono gli elementi più comuni dell’universo. La forte affinità fra gli atomi di ossigeno e di idrogeno fa il resto, dando vita a molecole molto stabili e in grado di adattarsi alle condizioni più diverse. Trovare acqua liquida, vicino o lontanissimo da noi, è ciò che bramano oggi molti astronomi e biologi (potremmo dire “astrobiologi”). Queste scoperte, come l’ultima su Encelado, ci fanno sentire meno soli nell’infinità dello spazio, perché provano che la vita potrebbe essere anche altrove. La ricerca è appena cominciata.